Come è stato utilizzato il corpo nell’arte? ed in particolare quello dell'artista, che ruolo ha avuto nella realizzazione delle opere d'arte?
Il corpo umano è da sempre vissuto dagli artisti come un terreno da esplorare, un luogo conosciuto e nello stesso tempo misterioso, da utilizzare come fosse una tela bianca su cui dipingere, o materia con cui scolpire.
Gli studi neuroscientifici confermano che la conoscenza di noi stessi e del mondo,
parte da ciò che è definito come lo spazio “noi-centrico”
cioè lo spazio del nostro corpo che si trova immerso in uno spazio formato da
altri corpi.
L’arte, con il suo ruolo di acquisizione di conoscenza, non poteva esimersi dal partire proprio dal corpo per espletare questa sua funzione. Ecco quindi, che tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, l’artista utilizza il proprio corpo come terreno d’indagine per potersi riconoscere; la carne diviene territorio di confine che definisce sé e gli altri.
L’artista francese Gina Pane, tra i maggiori esponenti della body art, cioè di quegli artisti che fecero del proprio corpo opera d’arte, affermò che “vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica e impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società […] il corpo (la sua gestualità) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro”.
L’arte, con il suo ruolo di acquisizione di conoscenza, non poteva esimersi dal partire proprio dal corpo per espletare questa sua funzione. Ecco quindi, che tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, l’artista utilizza il proprio corpo come terreno d’indagine per potersi riconoscere; la carne diviene territorio di confine che definisce sé e gli altri.
L’artista francese Gina Pane, tra i maggiori esponenti della body art, cioè di quegli artisti che fecero del proprio corpo opera d’arte, affermò che “vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica e impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società […] il corpo (la sua gestualità) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro”.
Gina Pane, Azione sentimentale, 1973.
Il
corpo, fatto oggetto di pratica artistica, diviene rivelazione della realtà
fisica e le lacerazioni auto-inflitte dall’artista sul proprio corpo, che è,
come detto, linea di confine tra l’artista e ciò che lo circonda, significa
lacerare il confine tra pubblico e privato. “Il corpo, nelle azioni della Pane
soprattutto, è causa della sensazione; non è solo strumento d’azione ma
contribuisce alla vita della coscienza e della memoria in un parallelismo
psicofisico di processi che prendono significato e rilievo solo nella loro
connessione”
Il
corpo diviene quindi il luogo dove poter sperimentare identità diverse,
rappresenta la possibilità di liberarsi, affermazione della propria esistenza.
“Noi siamo carne […] un istinto, un’intuizione […] mi spinge a dipingere la
carne dell’uomo come si spandesse fuori dal corpo, come fosse la propria ombra”
L’artista trova se stesso nell’atto creativo, e da tutto nella propria opera, mentre
all’osservatore non resta che porre al termine del processo, l’ultima parola
conclusiva.
Francis Bacon, Three Studies
For Portrait of Lucian Freud, 1964.
Patrick
Cavanagh ne L’artista
come neuroscienziato spiega che le
trasgressioni nel rappresentare la realtà esterna nelle opere d’arte, ivi
compreso il corpo umano, hanno molto in
comune con le scoperte delle neuroscienze, dato che ci indicano che il cervello
visivo usa una fisica ridotta e semplificata per comprendere il mondo.
In particolare, afferma Stefano F. Cappa nel suo saggio Arte e immagine corporea: considerazioni neurologiche, lo studio della rappresentazione del corpo nell’arte, apre una prospettiva ancora più ampia. Ciò è dovuto al fatto che “la rappresentazione del corpo non è riconducibile alla sola modalità di percezione visiva, ma rappresenta una sintesi di dati percettivi di origine multimodale, ove un ruolo centrale hanno le informazioni provenienti dal corpo stesso, somoestesiche e propriocettive”.
In particolare, afferma Stefano F. Cappa nel suo saggio Arte e immagine corporea: considerazioni neurologiche, lo studio della rappresentazione del corpo nell’arte, apre una prospettiva ancora più ampia. Ciò è dovuto al fatto che “la rappresentazione del corpo non è riconducibile alla sola modalità di percezione visiva, ma rappresenta una sintesi di dati percettivi di origine multimodale, ove un ruolo centrale hanno le informazioni provenienti dal corpo stesso, somoestesiche e propriocettive”.
L'IMMAGINE CORPOREA NELL'ARTE
Il
concetto di immagine corporea ha un ruolo centrale nell’ambito di diverse
discipline quali la fenomenologia, la psicoanalisi e le neuroscienze. Dal punto
di vista fenomenologico, Maurice Merleau-Ponty scrive “lo spazio corporeo può
distinguersi dallo spazio esterno e avviluppare le sue parti anziché
dispiegarle perché esso è l’oscurità della sala necessaria alla chiarezza dello
spettacolo”
Se invece prendiamo in considerazione l’immagine corporea dal profilo neuroscientifico essa può essere definita attraverso la distinzione operata da Jacques Paillard tra schema corporeo – cioè la rappresentazione delle differenti parti del corpo nello spazio, che riguarda l’organizzazione spaziale dell’azione, ma non la consapevolezza – e immagine corporea, che è invece una rappresentazione visiva, cosciente del corpo.
Se invece prendiamo in considerazione l’immagine corporea dal profilo neuroscientifico essa può essere definita attraverso la distinzione operata da Jacques Paillard tra schema corporeo – cioè la rappresentazione delle differenti parti del corpo nello spazio, che riguarda l’organizzazione spaziale dell’azione, ma non la consapevolezza – e immagine corporea, che è invece una rappresentazione visiva, cosciente del corpo.
Nell’ambito
delle arti figurative possiamo osservare variazioni di tipo quantitativo, nella rappresentazione del
corpo, sia in senso espansivo che in senso riduttivo. In Peter Paul Rubens
(1577-1640) troviamo uno straordinario esempio di come il corpo possa essere
“ingrandito”. Nella sua opera si avverte l’amore per le forme monumentali, per una accurata
rappresentazione delle masse muscolari, e per la volontà di rappresentare il
corpo più grande dell’originale.
Tra
i pittori contemporanei troviamo invece l’ampliamento della superficie corporea
in Fernando Botero (1932) dove i corpi sono rappresentati “armonicamente
gonfiati” per una costante ricerca di massa e volume.
Sul versante opposto, la restrizione volumetrica, generalmente associata ad una maggior elongazione del corpo, la possiamo riscontrate nel pittore classico Doménicos Theotokopulos detto El Greco (1541-1614) nella cui opera troviamo rappresentati corpi allungati, spesso dipinti con colori non naturali. Mentre nel contemporaneo troviamo la stessa elongazione esasperata del corpo nelle opere scultoree di Alberto Giacometti (1901-1966).
Le
distorsioni della rappresentazione corporea, che caratterizza l’opera di molti
artisti, richiama le conseguenze dell’alterazione dello schema corporeo
osservate in caso di lesione del lobo parietale. Ma le profonde distorsioni che
ritroviamo ad esempio nei corpi, soprattutto femminili, di Pablo Picasso (1881-1973) del periodo
cubista, ed anche nella sua opera successiva, oppure nei volti trasfigurati di
Francis Bacon (1909-1992) nella cui opera corpi e volti subiscono una profonda
alterazione dei rapporti spaziali, sono modificazioni cercate dall’artista a
scopi cognitivi.
IL PARERE DELLE NEUROSCIENZE SULLA DISTORSIONE DEL CORPO
Dal
profilo neuroscientifico patologico, esistono alterazioni della percezione
corporea quali la dismorfofobia dove il soggetto presenta un’eccessiva preoccupazione
per un difetto, generalmente solo immaginario, di una parte del corpo,
accompagnata dalla necessità patologica di guardarsi continuamente allo
specchio.
Inoltre, la tendenza di questi soggetti è quella di osservare il proprio corpo
secondo il punto di vista di un osservatore esterno anziché dal proprio punto
di vista.
Cappa
ci illustra inoltre, di come la rappresentazione del corpo (non deformato come
appena descritto) ma piuttosto con evidenti corruzioni - quali ad esempio si
possono riscontrare in talune patologie ove il soggetto manifesta deliranti
convinzioni che parti del proprio corpo siano in stato di putrefazione, oppure
che l’intero corpo sia morto - sia riscontrabile in alcune opere di artisti
dell’espressionismo viennese, quali Egon Schiele (1890-1918).
Nell’opera di questo artista, continua l’autore, troviamo il carattere di fragilità e sofferenza di corpi che appaiono come in stato di decomposizione.
Nell’opera di questo artista, continua l’autore, troviamo il carattere di fragilità e sofferenza di corpi che appaiono come in stato di decomposizione.
La
medesima caratteristica la possiamo riscontrare in un pittore contemporaneo, Lucian
Freud (1922-2011), dove la corruzione della carne dei suoi nudi appare
evidente.
“ Molto probabilmente l’accostamento tra arte e patologia non evocherà analoghe assonanze in tutti i lettori: l’esperienza estetica non può che essere mediata dalla biografia personale. Sono tuttavia convinto che l’arte apra una finestra, tra le molte, sull’organizzazione del cervello: l’indagine neuroscientifica non si deve fermare su soglie definite a priori da desuete tassonomie dei saperi. Il campo della società e della cultura sono indubbiamente le nuove frontiere dell’indagine neurobiologica”.
L. Vergine,
Body Art e storie simili, Milano, 2000.
F. Bacon,
cit. in F. Maubert, Conversazione con Francis
Bacon, Roma-Bari, 2009. P.
Cavanagh, L’artista come neuroscienziato,
in “Nature”, 2005, p.301-307.
S. F. Cappa,
Arte e immagine corporea, in Lucignani, G., e Pinotti, A., (a cura di) “Immagini
della Mente Neuroscienze, Arte, Filosofia”,
Milano, 2007, p. 122.
M. Merleau-Ponty,
Fenomenologia della percezione,
Milano, 1945, p. 333.
J. Paillard, Body Schema and body image, Sofia, 1999,
pp. 197-214.
S. F. Cappa, op. cit., p. 122
D. Veale, “Body dysmorphic disorder”, in Postgraduate Medical Journal, 80, 2004, pp.
67-71.
A. Hackmann, et. Al., “Seeing yourself trought
other’s eyes: study of spontaneously occurring images in social phobia”, in Behav. Cognit. Psychcother., 26, 1998,
p. 3-12.
S. F. Cappa, op. cit., p. 131.
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