mercoledì 25 marzo 2020

IL VERDE, LE TERRE E LE OCRE COLORATE DI CENNINO

In questo articolo parliamo del colore verde, delle terre e delle ocre. Vediamo come ce ne parla, e cosa ci consiglia, nel suo trattato Il libro dell'arte, il Cennino Cennini.

Da dove si ricavano i pigmenti appartenenti alle terre e alle ocre e quale era la loro provenienza? E il verde invece come veniva prodotto? Infine, quale era il miglior utilizzo di questi colori in pittura?



Il verde, le terre e le ocre colorate di Cennino blog artista h24 tubi di colori a olio nella gamma dei verdi
tubi di colore a olio nella gamma dei verdi





IL TRATTATO di Cennino Cennini




Cominciamo questa rassegna sul colore verde e sui colori definiti come "terre e ocre" con una bella frase che Cennino scrive nel capitolo II° del suo trattato sulla pittura e che personalmente trovo sia sempre di grande attualità:

"Adunque voi, che con animo gientile sete amadori di questa virtù e principalmente all'arte venite, adornatevi prima di questo vestimento, cioè amore, timore, ubidienza e perseveranza; e quanto più tosto puoi, inchomincia a metterti sotto la ghuida del maestro a imparare; e quanto più tardo puoi dal maestro ti parti."

Purtroppo oggi, i maestri come li intendeva Cennino non esistono più, però resta assolutamente valido il consiglio che all'arte occorre avvicinarsi con amore e soprattutto perseveranza ed impegno! 

Vediamo quindi quali colori verdi, terre e ocre ci consiglia Cennino.

Leggi anche: Il colore rosso di Cennino 




I PIGMENTI MINERALI



IL VERDE MALACHITE 




Il verde malachite è un pigmento di origine naturale ottenuto dalla malachite che è un  minerale di rame di un bel colore verde intenso, con bande che vanno dal verde scuro al verde molto chiaro. 

E' molto abbondante in natura e lo si trova, insieme all'azzurrite (vedi l'articolo sul colore blu qui) e ad altri minerali rameici, negli stessi luoghi di estrazione del rame.


Questo verde, presente nella pittura egizia dalla Quarta Dinastia, e nella pittura romana, era citata da autori classici con il nome di chrycolla (per esempio nei testi di Vitruvio e Plinio) che significa colla da oro, dato che era un materiale utilizzato per saldare l'oro.

Per preparare il pigmento verde, si procedeva semplicemente con la macinazione in mortaio, e Cennino ci avverte: 

"che sse troppo il macinasse, verrebbe un colore stinto e 'ccenderaccio"

non bisognava quindi eccedere nella macinazione perché ciò comporterebbe una perdita di forza del colore, che risulterebbe quindi "stinto".

Gli artisti dell'epoca, magari anche per questo motivo, non avevano un grande interesse per il verde malachite, e lo stesso Cennino ne parla senza grande entusiasmo. 

La malachite inoltre, non ha un potere coprente elevato, soprattutto in olio; e i pittori preferivano ricorrere a mescolanze di altri pigmenti per ottenere i verdi brillanti che desideravano, magari proprio attraverso l'utilizzo dell'azzurite, che come abbiamo visto nel precedente articolo dedicato al blu, ebbe nel Medioevo e nel Rinascimento una grande fortuna e diffusione.

Il Cennini nel trattato suggerisce di effettuare, in alternativa all'uso del verde malachite,  mescolanze tra l'indaco e l'orpimento, il verdigris e il giallorino, oppure l'oltremare e l'orpimento. 

In soli due punti del trattato consiglia l'utilizzo del verde malachite, e questo suo scarso interesse era dovuto (come abbiamo già visto per altri pigmenti) per il fatto di non poterlo utilizzare nella pittura in affresco.

Il verde malachite, che come detto poteva facilmente essere ottenuto attraverso la macinazione del minerale, era comunque anche prodotto artificialmente. 

All'epoca di Cennino molti manuali riportavano ricette e consigli su come ottenere un pigmento verde artificiale: ad esempio nella produzione del viridis color cum sale cioè cloruri di sale, le cui tracce sono state trovare nelle antiche tombe egizie e in dipinti murali italiani.



IL VERDERAME (verdigris)



Il verderame è un pigmento che non viene identificato da un'unica formula chimica, ma semmai può essere riferito ad una famiglia che comprende diversi tipi di acetato di rame e il cui nome "verdigris" deriva da vert de Grèce.

Con gli scritti di Vitruvio, Plinio ma anche Teofrasto e Dioscoride, sono giunte sino a noi descrizioni accurate dei pigmenti ottenuti dalla reazione tra il metallo rame e l'aceto.

Nel Medioevo ci furono molte ricette che riguardavano la preparazione del verdigris o verde rame; Cennino però, fa solo un breve accenno al metodo di produzione di questo colore verde, e pur lodandone la bellezza della tinta, mette in guardia i pittori dall'associare questo pigmento alla biacca e ne deplora la scarsa durata nel tempo.

Il consiglio di Cennino è di limitare l'uso del verde rame solo alla pittura su tavola e alla miniatura, mentre lo inserisce nella lista dei colori proibiti per dipingere in affresco.

Il colore del verdigris può oscillare tra il verde-azzurrato e il verde, e ciò può avvenire anche in funzione dello scorrere del tempo, soprattutto nel primo mese dopo la stesura.

Per ovviare a questo inconveniente il Cennini consiglia di macinare il verde rame con aceto.

Per quanto riguarda il potere coprente, non è particolarmente elevato, e per aumentarne la corposità si usava miscelarlo con il giallorino per rendere più intensa la tonalità. 

Come detto, la mescolanza del verde rame con la biacca (pur essendo in uso tra i pittori dell' epoca) era osteggiata da Cennino; ma l'esame di diversi dipinti non ha mostrato alterazioni dovute a questo; piuttosto si sono notate degradazioni della cellulosa (nelle miniature) provocate alla carta dalla presenza del verdigris come anche di altri pigmenti derivanti dal rame.

La letteratura artistica ci riporta inoltre un'altra caratteristica del verde rame, e cioè che  questo materiale avrebbe la capacità di accelerare l'essiccazione degli oli siccativi, tant'é che Cennino ne consiglia l'uso per regolare nel tempo l'adesività di un mordente per le dorature, dove la maggiore o minore presenza di verde rame serviva proprio a rendere più o meno siccativo il mordente stesso.

Infine, facendo bollire il verdigris con olio di lino e trementina (che è estratta dalla resina) si ottiene un verde intenso e trasparente, utilizzato per le velature in pittura da cavalletto del XV e XVI secolo. 

Non abbiamo certezza che questo composto fosse utilizzato precedentemente a quel periodo, anche se su alcuni manoscritti appartenenti all' VIII secolo e fino al XV secolo, è stata riscontrata la presenza di una pellicola resinosa, per quanto non sia del tutto chiaro se questa caratteristica sia stata originata solo dal semplice processo di invecchiamento delle parti dipinte.



I PIGMENTI OTTENUTI DALLA TERRA



LA TERRA VERDE (verdeterra)



Il verdeterra che ci racconta Cennino è descritto come un pigmento molto diffuso ed apprezzato dagli artisti del periodo, nonostante sia un colore dalla cromia piuttosto spenta, soprattutto se confrontata a quella del verdigris o del verde malachite.

Si fatica quindi a credere che questo verde abbia "sbaragliato" la concorrenza degli altri verdi molto più luminosi e brillanti, divenendo il preferito degli artisti sin dall'epoca Romana: Vitruvio ce lo tramanda con il nome di creta viridis mentre Plinio lo definisce con il nome di appianum (nome derivato dalla Valle Appiana, nella zona del Monte Baldo).

Le caratteristiche molto apprezzate dagli artisti, che la terra verde possedeva, erano senz'altro il basso costo e la stabilità del pigmento; ma oltre a questo, fu proprio il colore spento della terra verde che consentiva al pittore di far spiccare le figure dipinte invece con colori brillanti e vivaci, su sfondi paesaggistici di un verde molto tenue e sfumato. Si trattava quindi di una scelta stilistica.

Molto diffuso ed utilizzato nel Duecento e nel Trecento, era consuetudine effettuare una base in terra verde nei visi e in altre zone della figura umana, su cui poi successivamente i pittori andavano a dipingere gli incarnati.

La terra verde ha origine naturale e la si ricavava per macinazione di alcuni minerali argillosi ricchi di ferro. 

Come sempre avviene nei pigmenti ricavati dai minerali, il risultato sul colore ottenuto non è mai del tutto prevedibile, in quanto influenzato sempre dalla presenza o meno di altri materiali. 

Ad esempio la percentuale di ioni (tecnicamente denominati Fe II e Fe III) presenti nel minerale è il fattore che determina la varietà cromatica del pigmento.

I due principali minerali da cui si ricava la terra verde sono la celadonite e la glauconite; in misura minore si possono anche trovare minerali quali la clorite, la cronstedtite e la montmorillonite.

L'uso che Cennino consiglia, data la viscosità del materiale è anche in relazione all'applicazione di oro:


"puoi mettere d'oro con questo verdeterra. E sappi che gli antichi non usavano di mettere d'oro in tavola altro che con questo verde."

La capacità coprente del pigmento non è particolarmente elevato, soprattutto se utilizzato in olio, ma aumenta significativamente se i leganti sono la colla e l'uovo e se il pigmento viene steso su un fondo bianco.

E' un colore molto stabile che rimane inalterato nel tempo senza subire gli effetti della luce o dell'aria, pertanto è consigliato anche per la pittura in affresco.

Infine la terra verde non presenta alcuna controindicazione nel suo utilizzo, dato che risulta compatibile con qualsiasi tipo di pigmento o legante.




LE OCRE E LE TERRE  



Le ocre sono terre naturali e si presentano in varie gradazioni di colore passando dalle tonalità del giallo, del rosso, rosso-aranciato e bruno. 

Possono avere una consistenza grassa e pastosa oppure asciutta, e presentare a volte un basso, oppure altre volte un alto potere coprente.

Il colore delle ocre dipende dalla presenza di idrossidi o di ossidi di anidri di ferro ed in considerazione della relativa percentuale di concentrazione.

Nelle ocre gialle o giallo-brune troviamo in prevalenza componenti quali:

  • la goethite
  • la limonite
  • la lepidocrocite
Nelle ocre rosse troviamo invece in prevalenza l'ematite.

Questi composti si trovano mescolati ad altri minerali argillosi (quali la caolite e la illite) che vanno ad influire sulla maggiore o minore "grassezza" del pigmento.

A questa famiglia di pigmenti appartengono anche le terre più scure quali la Terra di Siena e la Terra d'ombra, che contengono inoltre percentuali variabili di biossido di manganese.

Le ocre sono colori fra i più diffusi ed utilizzati, sin dalla preistoria.  Sono pigmenti particolarmente stabili e resistenti, quindi particolarmente adatti alla tecnica dell'affresco.


Cennino Cennini, nella descrizione delle ocre racconta un episodio occorsogli in gioventù, dove ancora ricorda con soddisfazione la scoperta di un'ocra di grande qualità:


"che mai non gustai il più bello e perfetto colore d'ocria"

talmente bella da eguagliare addirittura il giallorino. Cennino racconta questo episodio con emozione, soprattutto perché l'ocra è un pigmento che si presenta molto variabile, e non sempre di alta qualità.



LA SINOPIA 


La sinopia è invece un'ocra rossa che deve il suo colore agli ossidi di ferro anidri

Il termine sinopia ci è stato tramandato da Plinio che identificava come sinopis, una terra rinvenuta per la prima volta a Sinope, nel Ponto.


Nel descrivere la sinopia rossa, Cennino ci parla di un pigmento "di natura magra e asciutta" e anche se non è in grado di descrivere  con precisione la natura e la provenienza del pigmento, la sua descrizione fa pensare a una terra povera di minerali argillosi.

Molto spesso nei manuali e ricettari medioevali si trova un po' di confusione sui termini e sulla natura dei pigmenti, per cui non è facile avere certezza che si stia trattando dello stesso pigmento descritto in altri ricettari dello stesso periodo o più antichi.

Cennino consiglia di usare la sinopia sia in tavola che nella pittura in affresco, oppure in miscela con del bianco al fine di ottenere la "cinabrese chiara" di cui ne consiglia l'uso per abbozzare le figure nella realizzazione degli affreschi.




Fonte BibliograficaCennino Cennino - Il libro dell'arte, a cura di Fabio Frezzato - Neri Pozza I colibrì. 





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